Spalla, focus sulla protesi inversa. Di Martino: «Ecco come si procede»

Per entrare nel dettaglio e parlare della protesi inversa di spalla abbiamo contattato il dottor Luca Di Martino, ortopedico che lavora nel centro Italia in una equipe composta dal dottor Matteo Salvatore e dal dottor Federico Sacchetti

I problemi alla spalla sono tra i più comuni. Colpiscono indifferentemente uomini e donne, soprattutto dai 50-60 anni in su. E la qualità della vita si abbassa considerando che non si possono fare cose che prima erano semplici, scontate, quasi banali. Come per esempio alzare il braccio completamente o sollevare un peso senza provare dolore.

L’articolazione della spalla, come è noto, può andare incontro ad artrosi. E ha un “motore” che fa funzionare il tutto: la cuffia dei rotatori, un insieme di tendini che permette alla spalla di muoversi e che può lesionarsi, a volte irreparabilmente. 

Spalla, ragazza si tocca il collo
Foto di Ava Sol su Unsplash

Spalla e protesi inversa: una procedura chirurgica complessa e molto tecnica

In alcuni casi, per migliorare la qualità della vita, è necessario sottoporsi ad una operazione. La soluzione può essere una protesi convenzionale (anatomica) oppure inversa, una procedura chirurgica complessa e molto tecnica che si è diffusa rapidamente alla luce dei benefici che apporta.

Per entrare nel dettaglio e parlare della protesi inversa di spalla abbiamo contattato il dottor Luca Di Martino, ortopedico che lavora nel centro Italia in una equipe composta dal dottor Matteo Salvatore e dal dottor Federico Sacchetti. 

Dottor Di Martino, in quali casi è indicata la protesi inversa di spalla?

«Sostanzialmente a due tipologie di pazienti. Uno: a chi ha artrosi della spalla, ma anche una lesione massiva della cuffia dei rotatori. Due: anche ai pazienti, non giovani, che non hanno un’artrosi severa, ma una rottura irreparabile della cuffia, alla quale è associata la perdita del trofismo muscolare dei tendini».

In cosa consiste l’operazione?

Spalla, lo specialista Luca Di Martino
Il dottor Luca Di Martino

«La protesi inversa è una protesi di spalla in cui si inverte il normale rapporto articolare: cioè la parte sferica/convessa, normalmente presente sull’omero, viene posizionata sulla scapola ed invece la parte concava, normalmente presente su quest’ultima, viene impiantata sull’omero».

«Invertendo questo rapporto, si medializza il centro di rotazione della spalla consentendo un maggior reclutamento delle fibre muscolari del muscolo deltoide, che diviene quindi il nuovo motore della spalla. Perciò anche avendo i tendini della cuffia rotti, si riesce di nuovo a muovere il braccio».

Ma quale è il primo passo da fare?

«Senza dubbio una visita specialistica dall’ortopedico. Non bisogna mai sottovalutare la limitazione articolare perché con l’avanzare dell’età può colpire sia uomini che donne. E poi bisogna considerare che chi ha una lesione importante della cuffia dei rotatori sviluppa una artrosi più rapida ed asimmetrica».

E il secondo passo?

«Fare degli esami strumentali, prescritti dallo specialista in base al sospetto diagnostico, come radiografie, tc, o risonanza magnetica per andare a vedere nel dettaglio l’eventuale alterazione patologica».

Quali sono i sintomi dell’artrosi e quelli della lesione della cuffia?

«L’artrosi provoca dolore e limitazione articolare, sia quando si muove attivamente che passivamente il braccio. Se vi è invece una lesione isolata della cuffia dei rotatori, oltre al dolore non si riescono a fare determinati gesti, mancando il “motore” che fa muovere l’articolazione; ma non c’è un vero e proprio impedimento meccanico. Una delle soluzioni è appunto la protesi inversa di spalla. Invece per un soggetto giovane, che non ha un’artrosi importante, ci sono anche altre soluzioni, come per esempio i transfer tendinei».

Quanto dura l’intervento di protesi inversa di spalla?

«Circa un’ora, un’ora e mezza. Si fa in anestesia locoregionale, più eventuale sedazione. L’intervento non è pesante. Infatti i pazienti dopo 2-3 giorni vengono tranquillamente dimessi a domicilio».

Dopo l’operazione cosa bisogna fare?

«Per le prime due settimane si indossa un tutore dedicato e si effettuano cauti movimenti della spalla. Poi si toglie il tutore e si inizia la fisioterapia vera e propria. Il recupero naturalmente dipende da caso a caso, ma il paziente collaborante muove la spalla bene già dopo un mese. Insomma, i benefici sono quasi immediati perché si recupera un’ottima forza ed articolarità della spalla senza provare fastidio o dolore nella stragrande maggioranza dei casi».

Articolo aggiornato in data 8 Febbraio 2021
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