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Pochi medici e molti pazienti. Si potrebbe sintetizzare così la situazione italiana riguardo i medici di famiglia. In realtà nel Paese ci troviamo di fronte a un vero e proprio allarme. Attualmente, infatti, mancano almeno 2900 unità e entro il 2025 il numero dei medici di famiglia calerà di 3400 unità. A delineare questo quadro l’ultimo report della Fondazione Gimbe.
Secondo quanto riportato sul sito del ministero della Salute, ogni cittadino iscritto al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha diritto a un medico di medicina generale (MMG) (il cosiddetto medico di famiglia) attraverso il quale può accedere a tutti i servizi e prestazioni inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il medico di famiglia non è un dipendente del SSN, ma lavora in convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale (ASL). Il suo rapporto di lavoro è regolamentato dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN), dagli Accordi Integrativi Regionali e dagli Accordi Attuativi Aziendali a livello delle singole ASL.
«L’allarme sulla carenza dei MMG – spiega Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – oggi riguarda tutte le Regioni per ragioni diverse: mancata programmazione, pensionamenti anticipati, medici con numeri esorbitanti di assistiti e desertificazione nelle aree disagiate che finiscono per comportare l’impossibilità di trovare un MMG nelle vicinanze del domicilio, con conseguenti disagi e rischi per la salute».
Indice
Medici di famiglia, l’analisi della Fondazione Gimbe
Al fine di comprendere meglio le cause e le dimensioni del fenomeno, la Fondazione Gimbe ha analizzato le criticità insite nelle norme che regolano l’inserimento dei MMG nel SSN e stimato l’entità della carenza attuale e futura di MMG nelle Regioni italiane.
«È bene precisare – spiega Cartabellotta – che le nostre analisi incontrano tre ostacoli principali. Innanzitutto, i 21 differenti Accordi Integrativi Regionali introducono una grande variabilità del massimale di assistiti per MMG; in secondo luogo, su carenze e fabbisogni è possibile effettuare solo una stima media regionale, perché la reale necessità di MMG viene determinata da ciascuna ASL sugli ambiti territoriali di competenza; infine, la distribuzione non uniforme degli assistiti in carico ai MMG può sovra- o sotto-stimare il loro reale fabbisogno in relazione alla situazione locale».
Le criticità della categoria: troppi pazienti
Uno dei problemi a cui devono far fronte quotidianamente i medici di famiglia è la gran quantità di pazienti da seguire. Secondo quanto previsto dall’ACN, il numero massimo di assistiti di un MMG è fissato a 1.500. In casi particolari può essere incrementato fino a 1.800 assistiti, ma molto spesso questo numero viene superato attraverso deroghe disposte dagli Accordi Integrativi Regionali (es. fino a 2.000 nella Provincia Autonoma di Bolzano), deroghe locali per indisponibilità di MMG e scelte temporanee del medico (es. extracomunitari senza permesso di soggiorno, non residenti).
Parallelamente, altre motivazioni possono determinare un numero inferiore di assistiti: autolimitazione delle scelte, MMG con doppio incarico che ne limita le scelte, MMG nel periodo iniziale di attività, esercizio della professione in zone disagiate. «Per ciascun MMG – commenta il Presidente – il carico potenziale di assistiti rispetto a quello reale restituisce un quadro molto eterogeneo, dove accanto a troppi MMG “ultra-massimalisti” ci sono colleghi con un numero molto basso di assistiti».
Massimale di assistiti: un po’ di dati
I dati Agenas per il 2021 documentano infatti che su 40.250 MMG il 42,1 per cento ha più di 1.500 assistiti; il 36,7 per cento tra 1.001 e 1.500 assistiti; il 13,6 per cento da 501 a 1.000; il 6,2 per cento tra 51 e 500 e l’1,4 per cento meno di 51.
In particolare, il massimale di 1.500 assistiti è superato da più di un MMG su due in Campania (52,7 per cento), Valle d’Aosta (58,2 per cento), Veneto (59,8 per cento) e da quasi due su tre nella Provincia Autonoma di Bolzano (63,7 per cento), in Lombardia (65,4 per cento) e nella Provincia Autonoma di Trento (65,5 per cento), «con ovvia riduzione della qualità dell’assistenza – commenta Cartabellotta – accendendo “spie rosse” su varie Regioni in relazione a tre criticità: la reale disponibilità di MMG in relazione alla densità abitativa, la capillare distribuzione territoriale e la possibilità per i cittadini di esercitare il diritto della libera scelta».

Gli ambiti territoriali carenti e i pensionamenti
I nuovi medici di famiglia vengono inseriti nel SSN previa identificazione da parte della Regione (o soggetto da questa individuato) delle cosiddette “zone carenti”, ovvero gli ambiti territoriali dove è necessario colmare il fabbisogno e garantire una diffusione capillare dei MMG. Secondo l’ACN per ciascun ambito territoriale può essere iscritto un medico ogni 1.000 residenti o frazione di 1.000 superiore a 500 di età ≥14 anni (cd. rapporto ottimale); è inoltre consentita, tramite gli Accordi Integrativi Regionali, una variazione di tale rapporto fino a 1.300 residenti per medico (+30 per cento).
Inoltre, secondo le stime dell’Enpam, al 31 dicembre 2021 più del 50 per cento dei medici di famiglia aveva oltre 60 anni di età ed è, quindi, atteso un pensionamento massivo nei prossimi anni. Considerando una età di pensionamento di 70 anni, entro il 2031 dovrebbero andare in pensione circa 20 mila medici di famiglia.
Nuovi medici di famiglia
Il numero di borse di studio ministeriali destinate al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, dopo un periodo di sostanziale stabilità intorno a 1.000 borse annue (2014-2017), è successivamente aumentato, in particolare nel 2021 (n. 3.406) e nel 2022 (n. 3.675) grazie alle risorse dedicate del PNRR.
«Tuttavia i nuovi MMG – spiega Cartabellotta – non saranno sufficienti per colmare il ricambio generazionale. In particolare, l’Enpam stima che il numero dei giovani formati o avviati alla formazione in medicina generale occuperebbe solo il 50 per cento dei posti di MMG lasciati scoperti dai pensionamenti».
Carenze attuali del sistema
Secondo il recente Rapporto Agenas sui MMG il numero dei medici di famiglia in attività è in progressiva diminuzione. Ad esempio, nel 2021 erano 40.250, ovvero 2.178 in meno rispetto al 2019 (-5,4 per cento) con notevoli variabilità regionali.
«Ma è soprattutto il quadro anagrafico a preoccupare – commenta Cartabellotta – visto che nel 2021 il 75,3 per cento dei MMG in attività aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale, anche in conseguenza di politiche sindacali locali che non sempre hanno favorito il ricambio generazionale». In alcune Regioni meridionali la fascia dei MMG più anziani arriva a superare l’80 per cento: Calabria (88,3 per cento), Molise (83,2 per cento), Campania (82,7 per cento), Sicilia (82,6 per cento), Basilicata (82,1 per cento).
Secondo le rilevazioni della Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (SISAC), al 1° gennaio 2022 39.270 medici di famiglia avevano in carico oltre 51,3 milioni di assistiti. In termini assoluti, la media nazionale è di 1.307 assistiti per MMG: dai 1.073 della Sicilia ai 1.461 del Veneto, ai 1.466 della Lombardia, fino ai 1.545 della Provincia Autonoma di Bolzano.
«Tuttavia lo scenario – precisa Cartabellotta – è molto più critico di quanto lascino trasparire i numeri: infatti, con questo livello di saturazione vengono meno il principio della libera scelta e la distribuzione capillare dei MMG in relazione alla densità abitativa. Di conseguenza, è spesso impossibile trovare disponibilità di un MMG vicino casa, non solo nelle cosiddette aree desertificate (zone a bassa densità abitativa, con condizioni geografiche disagiate, rurali e periferiche) dove i bandi per gli ambiti territoriali carenti vanno spesso deserti, ma anche nelle grandi città».
Problematiche future: le proiezioni al 2025
«Le criticità sopra rilevate – spiega Cartabellotta – permettono solo di stimare il fabbisogno medio regionale di MMG in relazione al numero di assistiti, in quanto la necessità di ciascun ambito territoriale carente viene identificato dalle ASL secondo variabili locali».
Se l’obiettivo è garantire la qualità dell’assistenza, la distribuzione capillare in relazione alla densità abitativa, la prossimità degli ambulatori e l’esercizio della libera scelta, non si può far riferimento al massimale delle scelte per stimare il fabbisogno di medici di famiglia. Di conseguenza la Fondazione Gimbe, ritenendo accettabile un rapporto di 1 MMG ogni 1.250 assistiti (valore medio tra il massimale di 1.500 e l’attuale rapporto ottimale di 1.000) e utilizzando le rilevazioni SISAC al 1° gennaio 2022, stima una carenza di 2.876 medici di famiglia, con situazioni più critiche nelle grandi Regioni del Nord: Lombardia (-1.003), Veneto (-482), Emilia Romagna (-320), Piemonte (-229), oltre che in Campania (-349).
Tenendo conto dei pensionamenti attesi e delle borse di studio per il Corso di Formazione in Medicina Generale, i dati Agenas (dove mancano le stime per la Provincia Autonoma di Bolzano) dimostrano che nel 2025 il numero dei MMG diminuirà di 3.452 unità rispetto al 2021, con nette differenze regionali. In particolare saranno alcune Regioni del Centro-Sud nel 2025 a scontare la maggior riduzione di MMG: Lazio (-584), Sicilia (-542), Campania (-398), Puglia (-383). «L’entità della riduzione stimata da Agenas – chiosa Cartabellotta – è peraltro sottostimata per almeno due ragioni: innanzitutto, non tiene conto che i medici attualmente iscritti al Corso di Formazione in Medicina Generale possono acquisire già durante la frequenza del corso sino a 1.000 scelte; in secondo luogo perché molti MMG vanno in pensione prima dei 70 anni».
Come intervenire
«La progressiva carenza di MMG – conclude Cartabellotta – consegue sia ad errori di programmazione per garantire il ricambio generazionale, in particolare la mancata sincronia per bilanciare pensionamenti attesi e finanziamento delle borse di studio, sia a politiche sindacali non sempre lineari. Ed è evidente che le soluzioni “tampone” attuate dal Governo con il Decreto Milleproroghe (innalzamento dell’età pensionabile a 72 anni) e dalle Regioni (aumento del massimale) servono solo a nascondere la polvere sotto il tappeto, senza risolvere la progressiva carenza dei MMG».
E aggiunge: «In tal senso è necessario mettere in atto una strategia multifattoriale: adeguata programmazione del fabbisogno, tempestiva pubblicazione da parte delle Regioni dei bandi per le borse di studio, attuazione di modelli organizzativi che valorizzino il lavoro in team, piena implementazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR (Case di comunità, Ospedali di Comunità, assistenza domiciliare, telemedicina), allineamento degli accordi sindacali ai reali bisogni della popolazione. Perché guardando ai numeri, accanto alla carenza già esistente, le previsioni dimostrano che i medici di famiglia saranno sempre meno nei prossimi anni. Una “desertificazione” che lascerà scoperte milioni di persone con conseguenze sempre più rilevanti per l’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e soprattutto per la salute della popolazione, in particolare gli anziani e i fragili».
Articolo aggiornato in data 25 Maggio 2023
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