Puntare sul made in Italy e la formazione. Sono queste le strade da intraprendere per la ripartenza del nostro Paese dopo un anno e mezzo di pandemia. In questo periodo sono molti i settori che hanno sofferto a causa delle tante restrizioni. Proprio per questo, è necessario impostare il rilancio puntando sulle nostre eccellenze e la formazione dei giovani. Una strategia di cui è fortemente convinto il sottosegretario al ministero per le Politiche agricole e forestali, Gian Marco Centinaio.
Come ci spiega, infatti, se è vero che «il made in Italy è un marchio ambito nel mondo, allo stesso tempo il fenomeno dell’italian sounding ci costa 100 miliardi all’anno. Questo vuol dire che non siamo ancora in grado di affrontare il mercato come lo stanno affrontando altri». Inoltre, Centinaio ricorda il valore aggiunto del made in Italy: «Col prodotto made in Italy andiamo a dare un plus, un qualcosa in più a un determinato tipo di consumatore. Quindi, in questo momento, l’idea di acquistare made in Italy anche da parte di consumatori che non sono italiani è un cercare di sopperire a un momento di crisi».
Dopo un anno di pandemia, qual è la situazione, nel settore agricolo, delle imprese del nostro Paese?
«Il mondo agricolo, in questo periodo di pandemia è quello che ha sofferto meno. Anzi, se guardiamo soprattutto all’export è quello che insieme a pochi altri ha avuto un segno positivo nonostante la pandemia. Quindi vuol dire che il prodotto made in Italy è un prodotto che piace in giro per il mondo. Se poi guardiamo il made in Italy e l’agroalimentare più nello specifico, abbiamo visto che ci sono state filiere che sono andate benissimo e altre che hanno faticato. Il nostro compito, quindi, è di aiutare quelle filiere che hanno bisogno di un po’ di ossigeno per riaffrontare i mercati. Come per esempio la filiera del vino. Produciamo un vino di altissimo livello qualitativo, ma con la chiusura del turismo, del canale Ho.Re.Ca., il vino di qualità italiano è quello che ha subito più di tutti».
Quali sono altre filiere bisognose di supporto?
«Sicuramente l’ortofrutta è un’altra filiera che ha e avrà bisogno di aiuto, e poi c’è il florovivaismo che nel periodo di chiusura totale è quello che forse ha pagato più di tutti. Poi, mentre c’è una filiera che è andata bene come quella dei cereali, un’altra filiera che ha bisogno di essere aiutata è quella della zootecnia, proprio perché c’è stata una frenata importante anche a livello internazionale».

Quali sono le misure su cui state lavorando per impostare la ripresa del settore?
«Stiamo aiutando queste filiere mettendo fondi a disposizione. Per esempio sul vino, a livello internazionale, stiamo facendo, stiamo concretizzando tutta la partita dell’Ocm vino (finanziamenti per i produttori vitivinicoli, ndr). Sono 180 milioni di euro per la promozione, in più ne abbiamo messi altri 40 più altri 20. Quindi stiamo parlando di altri 60 milioni di euro per promuovere il vino. Penso che sia un lavoro importante che stiamo facendo proprio per aiutare le filiere. E poi c’è tutta la partita del Recovery con tanti soldi. Stiamo parlando di 7 miliardi di euro di cui 1,2 miliardi proprio per aiutare le varie filiere dell’agroalimentare».
Quanto è importante puntare sui giovani e la formazione per questo settore?
«Moltissimo. Ormai la parola formazione deve essere all’ordine del giorno anche in agricoltura. Non basta più essere laureati in scienze agrarie. È necessario sempre di più avere degli imprenditori nel settore dell’agroalimentare e nel settore dell’agricoltura. Perché ormai le nuove tecnologie fanno lavorare gli imprenditori agricoli con un ritmo diverso rispetto al passato. Quindi il lavoro da fare è quello di formare i ragazzi nelle scuole in modo che da un lato si appassionino all’agricoltura e dall’altro sviluppino più competenze. Per esempio la gestione fiscale di un’azienda, o anche nell’utilizzo dei fitofarmaci e quindi della chimica. Oppure, come spesso detto, in questo momento ci sono tantissimi laureati in ingegneria che sono proprietari di aziende agricole. Quindi è necessario sempre di più avere imprenditori che siano insieme persone competenti e al passo con i tempi».
State studiando delle iniziative per sensibilizzare i giovani su percorsi dedicati?
«Nel Pnr c’è anche tutta la parte relativa alla formazione e quindi stiamo andando in quella direzione. Con le associazioni di categoria stiamo cercando di valorizzare sempre di più tutti quei giovani agricoltori che, attraverso anche fondi e bandi, sono un’eccellenza nel settore dell’agricoltura. Quindi il lavoro che stiamo facendo è questo. Da un lato un supporto economico, dall’altro anche un supporto a livello governativo attraverso delle iniziative che possano aiutare».
Articolo aggiornato in data 12 Luglio 2021
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