Vintage, altro che usato. Tonelli: «Ecco cosa ci sarà dentro l’armadio del futuro»

La fondatrice dell'app Vintag: «Penso fermamente che il vintage piaccia a tutti gli italiani. Nessuno escluso. E siamo convinti che disperdere le eccellenze passate sia un errore che il mondo di oggi non può permettersi. I dati parlano chiaro: tra meno di 10 anni nel nostro armadio gli abiti e gli accessori vintage saranno il doppio di quelli provenienti dalle catene di fast fashion»

Il vintage? Un concetto non così semplice da spiegare, che forse nemmeno la Treccani riesce a “spremere” fino in fondo. Un oggetto vintage è un po’ come uno di quei vecchi libri spiegazzati dal tempo e dalla curiosità: non puoi fare a meno di sfogliarlo. Perché ha attraversato epoche su epoche – probabilmente anche vite su vite – prima di finire tra le tue dita.

Per parlare di vintage a 360° abbiamo contattato Francesca Tonelli, 38 anni, fondatrice dell’app Vintag. Un’applicazione made in Italy che ha raggiunto numeri mostruosi nel giro di pochi anni: basta vedere i 115.000 utenti attivi (75% donne e 25% uomini) e più di 150.000 oggetti in vendita (metà fashion ma anche accessori, design, gioielli e collezionismo). Del resto, vintage può essere una borsa o una camicia, ma anche una moto o una macchina, così come un flipper o un… bottone.

Vintage, una borsa Hermes degli anni 50

Francesca, cosa significa la parola “vintage” nel 2020? E tu che valore le dai?

Francesca Tonelli, fondatrice dell'app Vintag

«La regola aurea dice che un oggetto vintage deve avere almeno 20 anni di vita. Vintage non è second hand ed è diverso da usato o vecchio. Un oggetto vintage in passato ha rappresentato una generazione e un’epoca diventando icona di quel tempo. La caratteristica principale di un abito, di un accessorio o di un oggetto vintage è proprio il valore che progressivamente ha acquisito nel tempo per le sue doti di irriproducibilità con i medesimi elevati standard qualitativi» 

«Per me e per tutta la nostra community di oltre 115.000 appassionati vintage è magia, è profumo di storia, è il racconto a tappe del percorso che l’oggetto ha fatto passando di mano in mano. Vintage è anche sinonimo di sostenibilità perchè niente è più “green” del prolungare la durata di utilizzo e del dare una seconda possibilità a un oggetto che qualcun altro non usa più. Vintage è sinonimo di meno oggetti nuovi da produrre e dunque meno sprechi e inquinamento».

in Italia il vintage piace solamente a una nicchia di appassionati?

«Penso fermamente che il vintage piaccia a tutti gli italiani. Nessuno escluso. Tutti trovano piacere dal curiosare in un mercatino delle pulci. Chi non l’ha fatto una volta. Poi è chiaro che la passione è un’altra cosa. Io per esperienza posso dire che quando la passione del vintage si “impossessa” del tuo corpo non puoi farne a meno».

«E’ come una emozionante caccia al tesoro. Oggi sono 150.000 gli oggetti in vendita in app: l’articolo meno costoso è un bottone anni ’30 da 1 euro, mentre quello di maggior valore è una borsa Kelly di Hermes da 22.000 euro. Non mancano articoli curiosi e unici come lampade industriali rimesse a nuovo, insegne anni ‘40 e oggetti iconici come flipper o juke box anni ’50, una Vespa anni ’60 e una Chevrolet Camaro del 1979».

«Sull’app Vintag gli utenti vengono perchè trovano migliaia di oggetti e milioni di storie ed è comunque facilissimo trovare la “chicca” che ha un costo accessibile e un valore inestimabile. Considera che ci sono oggetti vintage penso a una Birkin di Hermes ad esempio che negli ultimi 40 anni si sono rivalutate del 900%, più dell’oro per capirci».

Rispetto al resto d’Europa ci sono differenze?

«Su Vintag abbiamo il 10% degli utenti che provengono da ogni parte del mondo e sappiamo che la passione è uguale in Nuova Zelanda come a Singapore, a New York come in Islanda, Diciamo che all’estero il vintage italiano piace tantissimo perchè la maggiorparte dei brand iconici sono italiani, sia nella moda sia nel design».

«Vintag è diventato un punto di riferimento per gli appassionati di tutto il mondo: uno spazio dove migliaia di persone ogni giorno condividono tra loro la propria passione per il vintage. Un luogo dove incontrare collezionisti, artisti, designer, stilisti, creativi o più semplicemente uomini e donne che amano lo stile e la qualità dei tempi passati».

Il mondo della moda e quello della sostenibilità ambientale spesso non vanno d’accordo…

«Le cose stanno cambiando e anche molto rapidamente. Forse la pandemia ha accelerato il processo. Sono sempre di più le aziende che hanno capito che qualcosa bisogna fare. Quello che ha detto Armani qualche mese fa è solo l’apice. Anche la mitica direttrice di Vogue, Anna Wintour, si è espressa magnificando il vintage: “E’ importante indossare più volte gli abiti e poi passarli ai figli”. E se anche il “Diavolo veste vintage” significa che davvero le cose stanno cambiando e che Vintag, l’app che ho fondato assieme ad altre ragazze è al centro di questa rivoluzione».

«Oltre il 65% dei nostri utenti compra sull’app Vintag perchè ritengono di fare un acquisto sostenibile e etico. E mi sento di dire che hanno proprio ragione. Una volta fare acquisti etici era ritenuto costoso oggi per fortuna viviamo nell’età dell’oro dello shopping vintage. I ragazzi giovani sanno perfettamente quello che vogliono: vogliono un mondo meno inquinato e sanno esattamente cosa acquistare per non inquinare. Per questo comprano nel nostro marketplace».

«I dati parlano chiaro: tra meno di 10 anni nel nostro armadio gli abiti e gli accessori vintage saranno il doppio di quelli provenienti dalle catene di fast fashion».

Cosa fa Vintag in chiave sostenibilità?

«Crediamo di avere le idee chiare a tal punto che chi apre il nostro sito www.vintag.store trova subito il nostro pensiero: se state cercando fast fashion uscite dal sito e andate altrove. Riscoprire e fare rivivere oggetti appartenuti a epoche lontane è stato il faro che ha guidato noi di Vintag fin dal primo giorno. Il nostro obiettivo è la diffusione del vintage perché siamo convinti che disperdere le eccellenze passate sia un errore che il mondo di oggi non può permettersi».

«Questo significa dare una seconda o una terza possibilità agli oggetti che altrimenti verrebbero gettati nel cassonetto (tra l’altro inquinando tantissimo). Con diversi brand abbiamo attivato interessanti progetti di economia circolare che potete trovare sul nostro sito».

Ci puoi fare un esempio? 

«Cito solo l’ultimo in ordine di tempo perchè è davvero singolare e lo abbiamo realizzato non con un brand di moda o di design ma con un’istituzione tradizionale come il teatro dell’Opera di Bologna. Abbiamo trovato nei loro magazzini gli oggetti creati appositamente per le messe in scena e poi una volta utilizzati abbandonati. Ecco in app è possibile trovarli e acquistarli. E vi assicuro che sono oggetti meravigliosi e unici, sapendo che chi finalizza l’acquisto sta anche contribuendo a sostenere il teatro dell’Opera e i suoi collaboratori che a causa del Covid sono dovuti passare dalla cassa integrazione».

«Aggiungo che Vintag è green al 100%: abbiamo infatti investito sull’unico Data Center a emissioni zero (certificato) del Sud Europa. Abbiamo deciso di abbandonare i grandi colossi come Amazon e Aruba e puntare sull’eccellenza italiana: oggi tutta Vintag ‘gira’ su un Data Center Green. Non tutti sanno che 3 e-mail generano la stessa CO2 prodotta percorrendo 1 km in auto. Oppure che un server produce ogni anno da 1 a 5 tonnellate di CO2. Ecco, noi abbiamo deciso di farci e fare un regalo ai nostri utenti dando il nostro piccolo contributo per non inquinare il pianeta».

Vanno di più gli abiti o gli oggetti?

«Su Vintag il 72% degli oggetti è diviso tra fashion e accessori fashion il resto è design, modernariato e oggetti da collezione. Ogni oggetto ha la sua nicchia di appasionati è chiaro che la moda Vintage ha la fortuna che si spedisce più facilmente. Inoltre i grandi brand del Made in Italy scelgono Vintag perché ci riconoscono come partner seri e affidabili, gli unici che puntano sul vintage vero, quello di qualità. Quindi anche per questo circa 85mila oggetti in vetrina fanno parte della categoria fashion».

Il Covid ha inciso negativamente anche nel vostro campo?

«Il Covid è stato ed è qualcosa di molto brutto per tutti. Se dobbiamo parlare di numeri allora diciamo che Vintag è stata di grande aiuto per tutti quei commercianti che hanno chiuso i loro negozi a causa della pandemia. Su Vintag aprendo la loro vetrina virtuale hanno dato continuità al loro lavoro».

«Sono centinaia i messaggi che abbiamo ricevuto in quei giorni di utenti che ci ringraziavano per avere consentito loro di continuare a lavorare. La gente in quel periodo aveva molto tempo e quindi anche utenti che solitamente non navigano in rete hanno avuto modo di trovarci e conoscerci. Tra marzo e aprile le nostre performance in termini di acquisiti sono più che raddoppiate rispetto agli anni passati».

Una previsione da qui al prossimo anno?

«Vintag è in grande crescita e le cose da fare sono tantissime. A breve Vintag implementerà alcuni sviluppi che hanno l’obiettivo di fare del marketplace il primo certificatore di oggetti usati del mondo. Il progetto è top secret ma garantisco che a brevissimo ci saranno novità. Certificare il nuovo è una cosa, certificare l’usato è molto complesso, quasi impossibile. Noi confidiamo di riuscirci».

Articolo aggiornato in data 21 Giugno 2022
© Riproduzione riservata