Riportare “in vita” un piccolo borgo del nord Italia. È questa l’idea dell’imprenditore milanese, Nicola Zucca, che si inserisce nel solco del turismo sostenibile. Un albergo diffuso a Sclemo, frazione del comune di Stenico in Trentino. Un progetto che nasce almeno tre anni fa, ben prima dello scoppio della pandemia. «Trae origine – ci spiega in un’intervista lo stesso Zucca – da un bisogno personale, mio e della mia famiglia, di migliorare la nostra qualità della vita. Questo si è tradotto nel cercare un ambito in cui vivere che ci facesse stare meglio e ci potesse permettere di concentrare la nostra attenzione su una attività alla volta».
Da qui, prosegue l’imprenditore, nasce l’idea di “recuperare” il piccolo borgo di Sclemo. Un posto frequentato da più di 20 anni dalla famiglia che ha così avuto abbondantemente modo di apprezzarne la qualità della vita. «È un posto di media montagna a 750 metri quindi godibile come attività outdoor tutto l’anno. Ci sono tutti i servizi e le attrazioni possibili per qualsiasi stagione».

Da qui l’idea di recuperare il borgo di Sclemo.
«Sì, abbiamo immaginato di godere di quella qualità della vita. Come farlo stato è un pensiero ulteriore perché il borgo è un paese di pochissimi abitanti, circa 107. È composto da edifici rurali molto caratteristici. Dei grandi casoni di due piani con archi di pietra e poi i piani successivi composti da legno e pietra, come i vecchi fienili. Sono edifici molto affascinanti che abbiamo sempre apprezzato e ci è venuto il pensiero di riqualificarli perché ormai hanno perso la loro funzione primaria e non vengono più utilizzati dai contadini».
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Come sarà strutturato il progetto?
«L’intenzione parte con l’idea di recuperare questi quattro edifici trasformandoli e dandogli una nuova funzione, rendendo abitativi anche gli spazi dei fienili che oggi non lo sono. Nella prima fase sono stati acquistati gli edifici che verranno trasformati in tante unità abitative diverse. Strutture formate da due piani in pietra. Il piano terra o seminterrato, dove c’erano le stalle, verranno ristrutturati mantenendo gli archi in pietra e destinati ad attività e servizi diversi per ogni edificio. Dal ristorante a spazi per attività alla persona, mentre un altro è la reception dell’albergo diffuso.
Per quanto riguarda gli appartamenti, c’è una grande attenzione agli arredi e alla composizione degli interni, con l’utilizzo delle piante. Lavoriamo con Marco Nieri, un biolandscaper (professionista che misura l’interazione che le piante hanno con gli altri esseri viventi attraverso la lettura dei campi magnetici che emettono), molto famoso in Italia. Ci sta aiutando a costruire le unità abitative per renderle più vicine alle esigenze di benessere delle persone».
Perché la formula dell’albergo diffuso?
«Perché è perfetta da applicare in questo contesto in quanto si tratta di una formula extralberghiera le cui caratteristiche principali sono la possibilità di usare in locazione spazi a destinazione abitativa. Quindi senza i forti vincoli che ha un’attività ricettiva alberghiera normale dal punto di vista anche urbanistico come destinazione di locali. L’altra caratteristica è che gli spazi delle unità abitative possono essere di proprietà di privati. Abbiamo quindi sviluppato il progetto architettonico che prevede ai piani terra una riqualificazione per la creazione di spazi e servizi comuni per tutti gli ospiti e i residenti. I primi piani, che erano le volte in pietra delle vecchie abitazioni, rimangono tali e vengono ottimizzati. Il secondo, terzo e a volte quarto piano che erano le aie e i fienili sono stati frazionati e in ciascuno vengono realizzate più unità abitative. Si tratta di appartamenti dai 35 fino a 120 metri quadri. Queste abitazioni vengono proposte in vendita, completamente ristrutturate e arredate, a soggetti privati ai quali viene proposto di dare in gestione l’unità abitativa all’albergo diffuso quando non occupano l’appartamento».
In che senso?
«Considerando che si tratta di seconde case e che l’obiettivo è rendere il borgo di Sclemo frequentato il più possibile, quando il proprietario non usa l’appartamento lo dà in gestione all’albergo diffuso che attraverso la formula del property management lo mette in locazione per affitti più o meno brevi. L’albergo diffuso è dotato di tanti servizi in più che lo rendono particolarmente fruibile durante tutto l’anno. Da spazi dedicati allo smart working, a servizi per la cura e il benessere della persona, fino alla gestione dello stress…
Il property management non è l’unica proposta che facciamo, ma c’è anche un’altra formula. Proponiamo agli acquirenti, nel momento in cui acquistano una seconda casa da noi, di ricomprarla ad un prezzo maggiorato del 30 per cento circa, pagandola con la formula del rent to buy. Significa che il gestore dell’albergo diffuso prende in locazione l’immobile pagando un canone per la locazione più un acconto sul prezzo che è già prestabilito. Il tutto in un periodo di tempo della durata di 10 anni. Quindi il proprietario sta comprando sì un appartamento, però in 10 anni si porta a casa il 130 per cento dell’investimento fatto. In questo modo l’accesso all’iniziativa può essere disponibile per tutti. Infatti proponiamo in vendita l’appartamento con un acconto del 20 per cento e il subentro al mutuo che abbiamo stipulato con la banca per la riqualificazione per l’importo dell’80 per cento del valore dell’immobile. Alla fine dei 10 anni, ci sarà un 30 per cento netto in più del valore dell’appartamento, che è superiore alla cifra investita del 20 per cento».
Come ci si comporta quando si vuol passare un periodo nell’appartamento?
«Nel caso del property management il cliente ha il diritto di andare quando vuole avendo la piena proprietà dell’appartamento. Basta bloccare le date che si preferiscono e nelle restanti, in cui resterebbe vuoto, l’appartamento viene proposto a terzi. La seconda formula in cui si sta dando in locazione l’appartamento, è più un investimento finanziario. È tutto in gestione all’albergo diffuso, ma nella formula è compreso un benefit di circa due settimane di soggiorno gratuite presso la struttura anche se non necessariamente nell’appartamento di proprietà».
Dove è possibile acquistare gli appartamenti e quando termineranno i lavori?
«Basta collegarsi al sito haralife.com. Tra la primavera e estate del 2023 contiamo di aprire l’attività ricettiva. Gli appartamenti, invece, saranno consegnati per dicembre 2022 e le aree esterne verranno completate per l’apertura. Il nome dell’hotel è ancora da sviluppare, ma il nostro motto è “Good, mood, soon”, stare bene subito».
Quali saranno i servizi presenti?
«La proposta va dalla ristorazione con wine bar e degustazione di prodotti tipici ai servizi alla persona fino a spazi dedicati allo smart working. Poi due piscine di cui una interna. Il piano terra di uno degli edifici sarà interamente adibito a SPA.
Qui a Sclemo si sta bene soprattutto per le sue caratteristiche intrinseche come la posizione in alta quota e l’inserimento all’interno della natura. Siamo nel parco dell’Adamello Brenta che è patrimonio Unesco, siamo ai confini col bosco e sopra c’è il massiccio del Brenta. L’idea è quella di far provare un’esperienza di benessere e pace alle persone che verranno ospiti, ma soprattutto dimostrarglielo tramite una misurazione».
In cosa consiste?
«Una società di cui sono stato fondatore e che amministro si occupa della gestione dello stress tramite la lettura di un parametro, HRV. Significa variabilità della coerenza cardiaca ed è un parametro che misura lo stato di salute del sistema neurovegetativo degli esseri viventi. Questa società si occupa di commercializzare device indossabili che tramite il rilevamento della temperatura e del battito cardiaco riescono a elaborare una serie di parametri che permettono di capire se il sistema nervoso è troppo stressato.

L’idea è quella di dare agli ospiti dell’albergo la possibilità di “tornare in equilibrio” suggerendogli una serie di attività. Da una semplice passeggiata nel bosco fino a una sessione di yoga, un corso di respirazione, la deprivazione sensoriale nei gusci di floating o sedute di sauna a infrarossi. Non si tratta di una clinica, ma una sorta di centro benessere innovativo».
Le istituzioni come hanno accolto l’iniziativa?
«Mi piace definire questa idea come un progetto team, nel quale continuano ad aggregarsi tanti soggetti distinti. Sia pubblici che privati. Nel pubblico sia da parte del sindaco, Monica Mattevi, che poi della giunta c’è stato grandissimo supporto. L’iniziativa è stata accolta con grande entusiasmo perché va nella direzione del recupero del borgo di Sclemo, ma anche e soprattutto perché crea opportunità per i residenti e i giovani che vogliono tornare a vivere qui. Stiamo ricostruendo una microeconomia all’interno del borgo».
Il cosiddetto “turismo lento” sarà il futuro dei viaggi?
«Probabilmente sì. Questa tendenza deriva dallo shock avuto con la crisi pandemica che ha portato a una nuova consapevolezza. Ciascuno si interroga di più su se stesso e cosa lo fa stare bene quindi entra un po’ di più nel merito di come trascorrere il proprio tempo, non solo in vacanza, ma in tutto l’anno. E questo spazio, a Sclemo, è infatti pensato per essere fruito tutto l’anno. Anche per chi, ad esempio, vuol venire qui a fare una settimana di smart working in montagna».
Ci saranno collaborazioni anche con attività del territorio?
«Certamente. L’obiettivo è valorizzare ciò che c’è e creare uno scambio. Spesso ci sono tante belle iniziative che non riescono ad emergere».
Questa idea potrebbe ispirare anche altri imprenditori in altri borghi d’Italia creando un circolo virtuoso?
«Assolutamente sì. Costruendo questo percorso ci siamo resi conto che è un processo replicabile e ci siamo organizzati per renderlo fruibile da altri. Abbiamo digitalizzato il processo, quindi in futuro ci sarà la possibilità di poter usare il nostro stesso modello e replicarlo altrove».
Articolo aggiornato in data 5 Settembre 2022
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