Una rete di osservatori per studiare il clima (e non solo) a un passo dal cielo. Con questo obiettivo nasce l’accordo tra CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e CAI (Club Alpino Italiano) per la creazione dei Rifugi sentinelle del Clima. Si tratta di 19 strutture, di cui quattro del CNR e 15 rifugi alpini del CAI che, insieme, costituiranno un organismo preposto al monitoraggio meteo-climatico lungo tutta la Penisola.
Un progetto che nasce da lontano, precisamente l’11 dicembre 2019 giorno della firma dell’accordo. Una data simbolica, ricorda Paolo Bonasoni, ricercatore e responsabile dell’osservatorio climatico del CNR, perché in quella data ricorre ogni anno la giornata internazionale della montagna. L’iniziativa, seppur rallentata dall’avvento della pandemia, è andata avanti con la creazione di un comitato di indirizzo composto da tre membri del CNR e altrettanti del CAI a cui poi si sono aggiunti altri specialisti che hanno iniziato a lavorare sul progetto.

Rifugi sentinelle, quali vantaggi portano
I rifugi del CAI saranno così aperti al monitoraggio dei principali parametri meteorologici ed all’attività scientifica, come già avviene negli Osservatori climatici del CNR. I vantaggi, ci spiega Paolo Bonasoni, sono diversificati. «Quello iniziale è che i rifugi del CAI sono molti di più, naturalmente. Alcune di queste strutture hanno già delle stazioni meteorologiche che misurano la temperatura, la pressione, l’umidità, la pressione e l’intensità del vento. Tutti dati che saranno poi acquisiti da un server centrale.
Inoltre, questi rifugi sono rappresentativi non solo di un contesto strettamente locale, ma di un’area anche più vasta così come lo sono i quattro osservatori CNR a cui è anche demandato il compito di misurare la composizione dell’atmosfera oltre alla parte meteorologica». La nuova rete di osservatori, che costituirà una vera e propria dorsale dalle Alpi alla Sicilia, ricorda il ricercatore, permetterà di acquisire informazioni in un’area particolarmente sensibile come il Bacino del Mediterraneo. Questo, insieme ad altri luoghi come l’Artico o l’Himalaya viene chiamato Hot-spot Climatico, termine per indicare luoghi considerati “punti caldi” per via delle loro problematiche ambientali.
«L’Italia diventa un po’ un termometro che va a conficcarsi nella regione mediterranea. È l’unica nazione che ha questa possibilità e da qui nasce l’idea di iniziare questa tipologia di misurazioni dedicandoci un po’ all’alta quota per capire come, purtroppo, non troppo bene stiamo andando. Tra dieci, 20 e 30 anni, ci saranno dati che saranno di rilievo per comprendere questo andamento. L’altro aspetto importante riguarda la possibilità che questi rifugi diventino anche luoghi di sensibilizzazione e diffusione della ricerca scientifica congiunta, come del rispetto per la montagna. Così come esiste il discorso di citizen science, si potrebbe pensare quasi a una “mountaineer science”, dedicata alle persone che frequentano la montagna sia per averne più rispetto da un punto di vista ambientale, ma anche climatico. Inoltre, chi riceve queste informazioni le porta con sé quando rientra a casa. Quindi si tratta di un valore aggiunto che questi rifugi possono rappresentare».

La crisi dei ghiacciai
Il compito principale, però, riguarderà lo studio del clima e i suoi mutamenti. A cominciare dalle Alpi. «Una situazione di criticità – spiega Bonasoni – che conosciamo bene, data dal riscaldamento termico. I ghiacciai come ben sappiamo non godono di ottima salute. Si tratta di un 60 per cento in meno della superficie nell’ultimo secolo e mezzo. Caso estremo quello della Marmolada, che ha perso in 100 anni un volume di circa il 90 per cento».
Il dirigente del CNR ricorda la preoccupante situazione in cui versano i ghiacciai al di sotto dei tremila metri. «Non voglio usare la parola estinzione, ma la realtà è questa. Rimangono solo alle quote più alte dei massicci più imponenti. E questo porta in circolo altre problematiche. Come quella della ricchezza dell’acqua che deriva un po’ da queste fonti. I dati che verranno raccolti sono importanti per tracciare un trend riguardante l’aumento della temperatura piuttosto che gli aspetti legati all’umidità, al suolo e quant’altro permetterà di tracciare delle previsioni. Scenari in grado di capire l’evoluzione di quello che ci aspetta».
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Emergenza climatica
Il riscaldamento globale, infatti, è un problema che non riguarda solo il nostro Paese. In questo caso, ricorda Bonasoni, è importante la corretta informazione per contrastare il fenomeno delle fake news. «Proprio per questo l’IPCC (The Intergovernmental Panel On Climate Change), panel intergovernativo voluto dalle Nazioni Unite, pubblica il suo report che è un po’ una “Bibbia del clima”. Si tratta di volumi consultabili liberamente dal sito IPCC. Lo scorso anno la temperatura della Terra è stata quella del sesto anno più caldo mai registrato. Gli ultimo otto anni sono stati, in pratica, i più caldi dal 1880. Secondo il Copernicus Climate Change Service – C3S, programma coordinato dalla Commissione europea, il 2020 a livello mondiale è stato di 1,25 °C al di sopra del periodo pre-industriale».
Si tratta, prosegue Bonasoni, «dell’anno più caldo dell’Europa mai registrato. Le conseguenze di queste mutazioni vanno da periodi di piogge torrenziali e inondazioni ad aree che bruciano, non ultima la California, in modo particolarmente intenso dovuto anche a fenomeni siccitosi importanti. Il problema dei ghiacciai: sappiamo che c’è una parte di terreni in alta quota o dove il permafrost, questo terreno congelato, col rialzo termico si sta sciogliendo. In alcune aree questo contiene ancora grosse quantità di metano che con lo scioglimento finiranno nell’atmosfera».

Un simile scenario richiede azioni immediate. «Dall’ottimizzare la raccolta differenziale a un uso ottimale dei mezzi privati di trasporto e dei mezzi pubblici. Inoltre, la riduzione di quelli che sono i composti o le emissioni dovute alla CO2, ma non sono le uniche cose. D’altra parte quello che abbiamo sull’altro lato della bilancia è un Pianeta che sta diventando sempre più invivibile. Quindi bisogna cercare di muoversi in una direzione sostenibile. Da Parigi all’enciclica “Lardato si” di Papa Francesco i richiami ci sono sempre stati, non ultima la Cop26 di Glasgow. A volte però non si riesce a percepire la gravità».
Le possibilità di invertire la tendenza ci sono, ma è necessario uno sforzo comune. Allo stato attuale, purtroppo, prosegue il ricercatore, «limitare i danni sarebbe già per alcuni aspetti una buona cosa. L’atmosfera non ha confini, quindi non si possono fermare le emissioni con un muro. Chernobyl, per chi se lo ricorda, insegna».
Iniziative future: la terapia forestale
I Rifugi sentinelle del Clima avranno quindi anche una funzione informativa. Oltre alla parte operativa, spiega Bonasoni «ci si pone anche lo scopo di informare correttamente chi andrà in visita o percorrerà i sentieri montani». E le iniziative tra CNR e CAI proseguiranno anche in futuro. «È già attiva un’altra progettualità estremamente importante che riguarda la terapia forestale. Un modo diverso per provare a vivere la foresta e quanto legato ai sentieri del CAI che si lega alla parte di scienza ad opera del CNR. Ad esempio, spiegando quali sono i composti organici volatili, benevoli per la salute, emessi dalla natura». Per preservare l’ambiente, in fondo, basta partire da questo.
Articolo aggiornato in data 4 Gennaio 2023
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