Definirli dei semplici giocattoli non esprime il concetto che sta alla base di Piupazzi. Perché dietro a ogni singolo pezzo ci sono ore e ore di lavoro (da una settimana a circa dieci giorni), ma anche un’intuizione, così come un disegno che velocemente si sposta nella realtà tridimensionale, reale. Attraverso bottoni, tessuti, stoffe e un’amica inseparabile: la macchina per cucire.
Peppe, Berta, Guendalina, Arturo e Filippo. Sono alcuni nomi dei Piupazzi, dei pupazzi di pezza made in Italy (c’è una collana dedicata agli animali) creati con materiali di scarto da Giulia Burrascano, imprenditrice che ha avviato una carriera nell’ambito creativo dopo la frequentazione dell’Accademia di Costume e Moda di Roma. La “mamma” di Piupazzi – che lavora anche su commissione per personalizzare le sue creazioni – l’abbiamo contattata per farci spiegare il suo progetto, partito quasi per gioco e apprezzato in breve tempo sia in Italia che all’estero grazie all’eco dei social network, in particolare Instagram.

Giulia, come è nata l’idea di Piupazzi?
«L’avventura dei Piupazzi è nata poco più di un anno fa, anche se era già da qualche anno che facevo dei pupazzi per i “nuovi arrivati” delle mie amiche, e più di una mi aveva detto che avrei dovuto provare a pensare più in grande.
I Piupazzi sono dei pupazzi di pezza realizzati con scarti delle campionature di tessuto che stagionalmente arrivano alle aziende di moda, e sono un po’ pazzi perché ogni volta assemblo tessuti diversi, a seconda del mio estro, delle richieste e delle disponibilità di tessuto.
Penso che la chiave del mio progetto sia la personalizzazione. Lavorando con tessuti molto piccoli, ogni volta la creazione di un Piupazzo riparte da zero. Chiedo al cliente di dirmi se ha preferenze di colore, o se vuole tenere il pupazzo più neutro o più colorato. Insomma ogni passaggio viene fatto insieme. Questo affascina molte persone. Penso che ad oggi, dove possiamo comprare qualsiasi cosa proveniente da qualunque parte del mondo, si stia invece iniziando a volere qualcosa di realmente unico, perché pensato solo ed esclusivamente per quella persona. Ogni Piupazzo è unico e irripetibile, proprio come noi, e questo viene molto apprezzato».
Perché questo nome?
«Ho sempre amato i giochi di parole e le assonanze… Volevo un nome facile, che rendesse immediatamente l’idea del progetto. Le parole che mi venivano in mente per prime erano tutte assonanti “Pupazzi di pezza con una vena di pazzia”, perché creati con mix di fantasie e tessuti coloratissimi, quasi mai aderenti alla realtà. Direi che la genesi del nome a quel punto è stata facile. Volevo poi che il logo evidenziasse il gioco di parole, quindi la “I” che differenzia i “normali pupazzi” dai Piupazzi».
Che materiali usi?
«Uso solo materiali di scarto. Tutti i tessuti utilizzati provengono da campionature stagionali di tessuti. Sono tessuti a volte molto piccoli, che ogni 6 mesi vengono mandati alle aziende di moda per mostrare le nuove collezioni. Queste campionature hanno un ciclo di vita brevissimo, e poi vengono gettate via.
Ho cominciato a “salvare” i tessuti che mi piacevano molto tempo prima della nascita dei Piupazzi, perché mi infastidiva lo spreco! Li mettevo da parte sapendo che prima o poi ci avrei fatto qualcosa…Questo ad oggi mi permette di avere tantissimi tessuti diversi per venire incontro alle esigenze di tutti. E la cosa più bella, e che devo dire viene notevolmente apprezzata è che ogni Piupazzo sarà diverso dagli altri. Capita spesso che qualcuno mi scriva chiedendomi di replicare un Piupazzo visto sui miei profili social, ma è veramente rarissimo che io possa farlo. Ciò nonostante ho talmente tanti tessuti che una soluzione si trova sempre!»
Dietro ogni pezzo c’è una storia unica?
«Assolutamente sì. Dietro ad ogni Piupazzo c’è una vostra storia. Esiste una collezione di Piupazzi: sono quasi tutti animali (solo da pochi giorni agli animali si è unita una simpatica bambolina che si chiama Lucilla) e oltre a quelli pensati da me, altri sono nati da chiacchiere con amici, oppure mi erano stati commissionati, e una volta realizzati sono piaciuti così tanto da inserirli nella collezione.
Ma la cosa bella è che anche se 100 persone mi commissionassero Filippo l’ippo o Berta la scimmia, verrebbero comunque 100 versioni differenti, a seconda dei colori e dei dettagli che ognuno decide di inserire.
Per quanto riguarda la parte dei “progetti ad hoc” già il nome parla da se: partendo dal presupposto che ogni soggetto è piupazzabile, ho realizzato molto più di quanto potessi immaginare».
Quanto tempo in media ci metti a crearne uno da zero?
«Essendo tutti progetti che partono per lo più da zero, hanno tempistiche molto differenti. “I progetti ad hoc” partono dal disegno su carta, che viene poi mandato via foto per approvazione. Di solito tento di dare più soluzioni, per aiutare nella scelta. Capisco che non sia facile immaginare l’effetto finale 3d vedendo solo un disegno a matita!
Approvato il disegno, la seconda fase è la scelta dei tessuti. Chiedo sempre se ci sono colori o fantasie preferite, in maniera da andare più spedita, ma ogni volta inserisco sempre una mia versione, ispirandomi a quanto detto fino a quel momento.
Quando anche i tessuti sono stati selezionati, realizzo il cartamodello in carta, imbastisco e taglio i singoli tessuti, ricamo i dettagli, e poi assemblo tutto con la macchina da cucire. Poi si passa all’imbottitura e alla rifinitura con punti a mano. Se dovessi dare una stima approssimativa direi che per un Piupazzo serve all’incirca una settimana, per una giostra da culla una decina di giorni».
La tua si può definire un’arte? A quale mestiere del presente o del passato ti avvicini?
«Picasso una volta disse: “Ogni bambino è un’artista. Il problema è poi come rimanere un’artista quando si cresce”.
Io sin da bambina ho sempre amato disegnare, e ad oggi anche il mio lavoro “vero” ha a che fare col disegno e con l’arte. Ma è pur sempre un lavoro, e in quanto tale ha dei condizionamenti. Il progetto Piupazzi è il mio momento di svago e libertà, il mio tornare bambina, perdermi fra bottoni tessuti e passamanerie, senza alcun condizionamento.
Non ho un’idea precisa del mestiere che mi appartiene di più, mi piace pensare che quello che creo sia un processo fatto insieme per dare forma all’idea di chi mi commissiona i lavori. Le parole che più mi riempiono di orgoglio sono: “è esattamente quello che avevo in mente, quello che volevo, hai proprio capito il mio gusto”. Entrare in sintonia con qualcuno solo attraverso messaggi sui social non è facile, quindi ricevere queste attestazioni di stima mi fa sempre spuntare un bel sorriso!»
Chi è il tuo cliente tipo?
«La cosa meravigliosa è che se mi avessero fatto questa domanda un anno fa, agli albori dei Piupazzi, avrei risposto che il mio cliente tipo è un bambino o una bambina. Invece ad oggi posso dire… chiunque. Ho creato su commissione una coppia di sposi, utilizzando gli scarti di lavorazione dei loro abiti da cerimonia per “fermarli in quell’attimo”, draghi per fidanzati amanti del genere fantasy, pesci per zie amanti del mare e cani veri “piupazzati” per essere per sempre fedeli compagni dei loro padroni.
E la scoperta più bella è che le persone che mi contattano hanno un gran desiderio di raccontarsi e di farmi partecipe della loro vita. E da tutti quei discorsi, messaggi prendo spunto per tutti i dettagli che rendono poi il loro Piupazzo realmente unico al mondo!»
Dove pensi di poter arrivare con questa idea di business?
«Veramente non ci ho mai pensato. I Piupazzi per me restano il mio momento di svago, il mio “angolo di calma”. Mi piace l’idea di un processo completamente artigianale, senza fretta, che mi dia modo di conoscere l’interlocutore e di far sedimentare i sentimenti e le percezioni che vengono fuori dai messaggi che mi arrivano.
Scegliere un Piupazzo vuol dire scegliere una creazione condivisa, artigianale, con un processo sicuramente più lento di un acquisto in negozio, ma che ripaga con la sua unicità».
Articolo aggiornato in data 7 Giugno 2020
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