Da blog a e-commerce. Con tanto di magazine che promuove e supporta nuovi brand, designer indipendenti e piccole realtà sartoriali. Già, la moda passa anche attraverso la rete. E ha trovato un’isola felice in Ob-Fashion, un progetto made in Italy che mette sotto i riflettori il made in Italy.
Borse e gioielli, of course. Ma anche tanto altro. Come per esempio scarpe, occhiali e profumi. Insomma, moda a 360°. Parole d’ordine? «Ricercatezza e unicità», dicono in coro Laura Pellegrino e Giulia Fucile, le fondatrici della startup Ob-Fashion. Le abbiamo contattate per farci raccontare questa avventura. Iniziata (quasi) per gioco e diventata un lavoro vero e proprio.

Quando siete andate online per la prima volta?
«Ob-Fashion nasce nel marzo 2015 per pura passione, come blog dedicato ai designer emergenti del Made in Italy. Con il tempo da un lato le richieste da parte dei lettori e dall’altro le difficoltà dei designer di avere un proprio spazio online di vendita hanno portato ad un’evoluzione del progetto, ossia al lancio, nell’ottobre 2019, dell’e-commerce».
Ob di Ob-Fashion cosa significa?
«Il termine Ob deriva dal latino ed è traducibile con “a favore di”, “verso”, “a vantaggio”, “per”: quindi per Ob-Fashion si intende “verso la moda”. Ma non solo. Ob-Fashion è anche un gioco di parole “Obsession for Fashion”, ovvero ossessione per la moda. Un’ossessione intesa con accezione positiva, un mantra, un approccio nuovo alla moda, una sperimentazione, un amore spassionato, una devozione, un voler scoprire ogni giorno il lato più inedito della moda italiana e farlo emergere, conoscere».
Quali prodotti vanno per la maggiore?
«Le borse ed i gioielli sicuramente sono i prodotti più facilmente vendibili attraverso il canale online ed anche le creazioni maggiormente realizzate dall’attuale mercato emergente Made in Italy».
Ci sono artisti che hanno avuto successo particolare sul vostro e-commerce?
«Tra tutti sicuramente Lora Nikolova, designer di gioielli, molto apprezzata, soprattutto in America. Crea pezzi unici ispirati all’arte, per lo più collane dal grande impatto estetico».

Il prodotto venduto con il prezzo più alto finora? E più basso?
«Abbiamo un range di prezzo (da 1500 euro a 40 euro) molto ampio per consentire a chiunque di poter acquistare creazioni originali realizzate in Italia. Il prodotto venduto con il prezzo più alto ad oggi è una borsa di Hibourama a 485 euro, il prodotto venduto al prezzo più basso un anello di Collanevrosi a 70 euro».
La percentuale di vendite all’estero e in Italia?
«Al momento 80 per cento in Italia e 20 per cento all’estero. La nostra è una startup pertanto la diffusione del progetto e il numero delle vendite deve sicuramente evolvere e crescere. Il nostro obiettivo è quello di rivolgerci per lo più all’estero, per questo motivo abbiamo scelto di creare un e-commerce in lingua inglese».
Chi è il vostro cliente tipo?
«Il 73 per cento del nostro pubblico è rappresentato da donne dai 25 ai 55 anni con un alto titolo di studio e che vivono in zone densamente popolate. Sono interessate alla moda ma anche alla bellezza, al benessere, ai viaggi e all’arte».
Qual è il vostro percorso lavorativo prima di lanciare la startup?
«Laura, dopo essersi laureata in Scienze della Comunicazione, ha deciso di specializzarsi in Visual Merchandising. Per molti anni è stata Visual Merchandiser Manager in diverse aziende sviluppando, parallelamente, il suo interesse per la moda di nicchia e per le arti visive.
Giulia, appassionata di moda e di scrittura, si è laureata in Culture e Tecniche della Moda approfondendo poi la creazione e lo sviluppo dei contenuti sul web con un Master in Comunicazione presso l’Università di Firenze e un corso in Fashion Stylist alla Naba. Come libera professionista ha svolto numerose collaborazioni».
L’emergenza Coronavirus ha fatto aumentare o diminuire il vostro giro d’affari? Oppure è stabile?
«Benchè la nostra sia una piattaforma online, ci troviamo in una situazione molto complicata. Crediamo che, ora più che mai, sia di fondamentale importanza supportare il made in Italy e quindi tutte quelle piccole realtà produttive che rischiano di dover chiudere. Purtroppo (ma anche naturalmente..) in questo momento la propensione agli acquisti, se non per beni di prima necessità, è ridotta ai minimi termini.
Quello che ci auguriamo è che la ripresa sia caratterizzata da un sentimento nazionale, da un’appartenenza comune che induca a privilegiare, sotto ogni aspetto, il nostro Bel Paese: mangiare italiano, vestire italiano, viaggiare in Italia».
Articolo aggiornato in data 10 Aprile 2020
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