Mariscadoras e il progetto per arginare la specie del granchio blu

Con Blueat, la pescheria sostenibile, questa startup tutta al femminile vuole cercare nuovi modi per gestire e arginare le specie aliene che si stanno diffondendo nel Mediterraneo a causa della trasformazione dell’ambiente marino

Combattere gli “alieni” che infestano i nostri mari. È questo l’obiettivo di Carlotta Santolini, Ilaria Cappuccini, Matilda Banchetti, Alice Pari e Giulia Ricci. Cinque ragazze riminesi che, grazie alla loro attività imprenditoriale, vogliono contribuire a tutelare la biodersità dei nostri mari. Stiamo parlando dell’azienda Mariscadoras e del suo progetto Blueat per la pesca e la commercializzazione del granchio blu, una specie aliena che ormai da qualche anno è presente in gran numero nei nostri mari. Un’iniziativa che ha visto questo team tutto al femminile ricevere il premio ITWIIN 2022 come “Donne Eccezionalmente Creative” e il B-Factor della Fondazione Bellisario, dedicato alle startup innovative femminili.

L’obiettivo è quello di cercare nuovi modi per gestire e arginare le specie aliene che si stanno diffondendo nel Mediterraneo a causa della trasformazione dell’ambiente marino. Quello delle specie aliene, infatti, è un problema che affligge soprattutto il settore della pesca. Specialmente nel caso del granchio blu, specie autoctona dell’Atlantico, che nel Mediterraneo si ritrova senza predatori. 

Mariscadoras, come nasce il progetto 

Un problema riscontrato anche dalla biologa Carlotta Santolini (co-founder e technical manager di Mariscadoras), quando nel 2021 ha girato l’Adriatico in barca a vela nell’ambito del progetto “Sailing for Blue Life”. Tre mesi e mezzo in barca a vela, durante i quali, grazie a una serie di colloqui con i pescatori si è resa conto dell’effettivo impatto delle specie aliene. «Una volta tornata a Rimini ho parlato con le mie amiche e abbiamo deciso di diventare socie. Quindi abbiamo messo insieme tutte competenze diverse per riuscire a sconfiggere questo “nemico” (il granchio blu, ndr.) inserendolo nella tradizione gastronomica italiana».

Il granchio blu in cucina

Infatti, ci spiega Ilaria Cappuccini (communication and marketing manager), la chef di Mariscadoras, «il granchio proprio come specie non è così consumata in Italia a differenza di altri crostacei come gamberi o aragoste. Inoltre, lo spreco che si ha in un prodotto come il granchio è enorme. Per pulirlo a mano ci vogliono delle ore con un risultato scarso dal punto di vista quantitativo, quindi risulta difficile». Tuttavia, aggiunge, «se lo andiamo a promuovere già pronto in polpa la situazione potrebbe cambiare. Perché avendo una polpa già pronta, preparare qualcosa di realmente gustoso è un attimo». 

Dall’utilizzo per valorizzare un piatto di pasta, ricorda Cappuccini, a quello di un condimento aggiuntivo preparando una bisque. Inoltre, è possibile anche utilizzare la polpa (preparata per Blueat dalla società Tagliapietra & Figli) per farne hamburger o polpette. Le possibilità sono molteplici. «Abbiamo sperimentato questi piatti con degli chef stellati che collaborano con noi proponendo una ricetta. Da un tacos a un panino sono tante le cose che si possono realizzare perché il granchio è molto versatile». E tramite i canali social della società, Instagram su tutti, è possibile trovare foto e video di ricette a base di granchio blu.

mariscadoras a sealogy 2022
Alcune componenti del team di Mariscadoras durante una presentazione all’ultima edizione della fiera Sealogy a Ferrara

Il progetto Blueat e il problema del granchio blu

Il granchio blu è una specie autoctona delle coste atlantiche degli Stati Uniti. Giunto, ormai da alcuni anni, nel Mediterraneo ha trovato un territorio a lui congeniale riproducendosi esponenzialmente e distruggendo la fauna ittica locale. Questo ha fatto sì che in alcune aree dell’Adriatico si peschino solo granchi blu. Inoltre, i danni provocati sono numerosi in quanto il granchio blu si nutre delle larve degli altri pesci e distrugge le reti da pesca. In alcune zone del Delta del Po, ricorda Alice Pari (public relations manager dell’azienda) «abbiamo già avuto diverse segnalazioni di un ulteriore calo delle anguille che è già una specie gravemente minacciata». Inoltre, aggiunge, «un’altra cosa segnalazione che ci arriva grazie al contatto diretto coi pescatori e gli allevatori è che questi granchi attaccano gli allevamenti di ostriche e mitili».

Mariscadoras grazie al progetto Blueat, la pescheria sostenibile, intende porre un freno alla proliferazione di questa specie andando a implementare nel nostro Paese un mercato che, ad oggi, non esiste (a differenza di luoghi come gli Stati Uniti). Creare questo nuovo commercio trasformerebbe «quello che è un problema per l’ecosistema in una risorsa per le piccole comunità costiere che al momento sono quelle più minacciate dalla presenza di questo granchio».

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Mariscadoras, perché questo nome

Da lì il passo è stato breve con la creazione della società che, ricorda Santolini, «ha subito un’accelerazione che non era scontata. Le difficoltà che abbiamo incontrato sono state innanzitutto perché in quanto donne non è stato facile inserirci nel mondo della pesca, perché da sempre c’è l’idea che la donna porti sfortuna in mare». Proprio questa sorta di muro ha portato alla scelta del nome Mariscadoras  «in onore di quelle donne galiziane che portano avanti i diritti sulla parità di genere nella pesca. Noi facciamo lo stesso». 

Inoltre, Santolini ci spiega un altro motivo che le accomuna a queste pescatrici galiziane. «Le Mariscadoras sono le donne che pescano raccogliendo i molluschi dalla spiaggia. Noi siamo di Rimini e qui fino agli anni ’70 c’erano le “poveracciaie”, le donne che raccoglievano le vongole perché da noi le poveracce sono le vongole. Quindi, abbiamo deciso che secondo noi Mariscadoras tradotto in dialetto romagnolo potrebbe dire poveracciaie. E in onore di quelle persone vogliamo portare avanti i nostri diritti di donne».

Società benefit ed economia circolare

Proprio per questo ricorda Alice Pari, «il nostro progetto nasce da un’idea ambientalista. Il business si è sviluppato per risolvere un problema che secondo noi non poteva essere risolto in altro modo. Per questo che ci siamo costituite società benefit, che è un tipo di società chiaramente profit però opera per il benessere sociale, ambientale, quindi ha una grossa connotazione legata al bene comune». I cinque punti perseguiti dall’azienda, tra quelli dell’agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, riguardano in primis la parità di genere e anche contribuire a sconfiggere il problema della fame, lavoro dignitoso e crescita economica, un consumo e una produzione responsabili e la tutela della vita sott’acqua. 

mariscadoras, il team
Da sinistra: Ilaria Cappuccini, Alice Pari, Carlotta Santolini, Matilda Banchetti

Inoltre, proseguendo su un percorso di economia circolare «nell’immediato futuro stiamo già lavorando sull’estrazione della chitina, una proteina di cui è fatto il carapace dei granchi. Questo perché un domani il nostro sogno è arrivare a produrre il nostro packaging con la bioplastica prodotta dalla chitina».

Italia e Oltreoceano

Intanto, presto sarà possibile trovare i prodotti di Mariscadoras anche nei nostri supermercati. Come ci spiega Matilda Banchetti (project manager), «il primo con cui abbiamo stretto rapporti è Italmark di Italbrix, dove usciremo prima di Natale con i nostri prodotti. Dei sughi pronti e una bisque fatta con il carapace. Per il futuro abbiamo già preso contatto con Conad e Coop». Inoltre, prosegue, non bisogna dimenticare il settore Ho.Re.Ca, «quindi porteremo avanti un rapporto anche con i ristoratori con prodotti diversi adatti  alle esigenze di un ristorante».

L’ultimo traguardo è il mercato americano. In questo caso, prosegue Banchetti, «stiamo parlando con possibili buyer che ci stanno dando informazioni su come preferiscono la polpa. Si tratta di un mercato radicato con una domanda molto alta». Proprio per questo nel 2023, la società Mariscadoras sarà presente a due fiere negli Stati Uniti, a Boston e Chicago, per presentare e pubblicizzare i propri prodotti. 

Non solo granchio blu

L’obiettivo futuro, infine, è quello di allargare il ventaglio delle specie aliene, senza limitarsi al granchio blu. «Stiamo già lavorando in realtà con altre ricette – ci racconta Carlotta Santolini -. Come ad esempio il pesce serra. Durante degli eventi a cui veniamo invitate suggeriamo un menù a base di granchio blu e pesce serra». 

Inoltre, conclude, «stiamo collaborando con una chef stellata, Chiara Pavan. Lei lavora a dei menù a base di specie aliene e da quando collabora con noi sta sperimentando anche alcune specie che le abbiamo suggerito. Come l’anadara, che è una conchiglia aliena, oppure le meduse. Vogliamo allargare i nostri orizzonti, ovviamente partendo dal granchio blu».