La lingua inglese? Bene, ma non benissimo. Secondo l’ultimo «Indice di Conoscenza della Lingua Inglese EF EPI» – il più importante rapporto internazionale sulla padronanza dell’inglese fra gli adulti di 100 Paesi del mondo – l’Italia ha un livello medio di competenza. Si trova al 36° posto su 100. Ma siamo tra i peggiori in Europa scorrendo la classifica che vede ai primi posti Olanda, Svezia e Norvegia.
Abbiamo contatto Daniele Novara, professore di lingua inglese che sta di base a Torino. Novara ha lavorato con diversi vip e calciatori, principalmente della Juventus, come per esempio Federico Bernardeschi, Daniele Rugani e l’ex allenatore Massimiliano Allegri. Inoltre, ha scritto un libro che si intitola “In English please!”.

Daniele, qual è il rapporto degli italiani con la lingua inglese?
«Credo che il rapporto che gli italiani hanno nei confronti della lingua inglese sia quello di “amore e odio”. Perchè c’è chi lo ama e quindi cerca in tutti i modi di poter migliorare, e c’è chi lo odia magari dai tempi della scuola, ma si accorge troppo tardi dell’importanza di conoscere una lingua straniera».
«Noto che purtroppo non c’è un alto livello di conoscenza di questa lingua, rispetto agli altri paesi europei, perchè la formazione prettamente scolastica non è sufficiente. La questione che dovrebbe essere gestita meglio, a mio avviso, è il fatto che l’insegnamento delle lingue straniere debba essere potenziato. Magari attraverso l’utilizzo dei nuovi strumenti interattivi, oltre a quelli classici, per potere avere una conoscenza a 360 gradi della lingua».
E’ vero che l’inglese è una lingua semplice da imparare?
«Come dico sempre ai miei studenti, bisogna semplificare quando si parla in inglese. Nel senso che la struttura della frase dev’essere pensata direttamente nella lingua straniera senza ricorrere all’italiano, perchè altrimenti si crea quello che definisco “Italian English”, che non c’entra nulla con il “British English”. Capisco perfettamente che non sia un processo semplice e veloce, per questo motivo serve costanza e dedizione nell’apprendimento».
C’è un’età “ideale” per mettersi a studiare o non conta?
«Assolutamente no. E’ vero che da piccoli è più semplice, perchè i bimbi assorbono tutte le parole e i suoni come una “spugna”, quindi sono più agevolati e imparano velocemente. Ma questo non esclude che anche gli adulti possano raggiungere un buon livello di conoscenza dell’inglese, impiegando ovviamente più tempo dato che la mente di un bambino è più flessibile rispetto a quella degli adulti».
Qual è la cosa più complicata da apprendere?
«Credo siano i “phrasal verbs”, ossia quei verbi che cambiano significato a seconda del contesto in cui vengono utilizzati. Ce ne sono davvero tanti e gli inglesi li usano spesso mentre parlano o scrivono. Un altro aspetto che non è semplice da apprendere è la pronuncia. Perchè in lingua inglese non ci sono sempre delle regole fisse per quanto riguarda l’aspetto fonetico dei singoli vocaboli»
Si può studiare l’inglese solamente sui libri, da autodidatta?
«Sì certo, il libro può fornire delle solide basi grammaticali che permettono in seguito di poter cominciare a fare practice, quindi speaking e writing in aggiunta al reading e al listening. Se una persona sente di avere passione per la lingua inglese, può cominciare a studiarla autonomamente. Magari guardando serie tv o film, ascoltando canzoni in lingua inglese o leggendo libri».
«Se invece si studia l’inglese solo con il fine di “trovare lavoro”, credo che sia un approccio sbagliato. Perchè una lingua non va studiata a memoria, quindi non solo per affrontare una job interview, ma analizzata dal punto di vista linguistico e lessicale. Tutto ciò richiede tempo e dedizione, un po’ come andare in palestra, come dico sempre ai miei allievi, solo che in questo caso è un allenamento mentale».
Ha senso andare in Inghilterra per imparare la lingua partendo da zero?
«Non credo sia sufficiente. Nel senso che l’inglese, come ogni altra lingua straniera, prima di essere praticata, ha bisogno di un solido schema mentale delle regole grammaticali di base. Che non vanno studiate a memoria, ma capite e analizzate dal punto di vista logico. Una volta che si hanno questi schemi, ad esempio sull’uso dei tempi verbali, articoli, e preposizioni, bisogna entrare nell’ottica che questa lingua va studiata seguendo due concetti. Quello dell’enfasi e del contesto, che sono le due linee guida nelle quali va concentrata l’attenzione mentre si scrive, quando si parla e durante la lettura o l’ascolto di un testo in lingua».
Tra i tuoi alunni vip chi è stato il più bravo? Una classifica?
«Sono stati tutti degli ottimi studenti, quindi tutti ai primi posti. Si sono impegnati per raggiungere gli obiettivi, che non erano solamente relativi al mondo calcistico, ma anche all’aspetto pratico. Come ad esempio, prenotare viaggi o chiamare al telefono».
«Diciamo che l’inglese serve un po’ a tutti, in ogni aspetto della nostra vita. Quindi conoscerlo permette di poter essere avvantaggiati in svariate situazioni della vita quotidiana, o per dirla all’inglese, dell’everyday life!».
Articolo aggiornato in data 2 Ottobre 2020
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