Come stanno messi gli impianti sportivi in Italia? E cosa bisogna fare in ottica futura? Stampa Italiana ha contatto Andrea Abodi, presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo (ICS), per mettere il focus sulla sostenibilità ambientale e il tema green.
Presidente, quanto è importante per l’Istituto per il Credito Sportivo il tema ambientale?
«Per una banca pubblica, l’ultima nel panorama bancario del nostro Paese, che si definisce “sociale per lo sviluppo sostenibile dello Sport e della Cultura”, questo è uno dei temi qualificanti, direi inevitabile. Non è una questione di etichetta, di comunicazione o di marketing, ma di consapevolezza e di convinzione dell’importanza delle tematiche ambientali anche nelle infrastrutture sportive e culturali, e al tempo stesso del ruolo e dei doveri di uno strumento pubblico come il nostro, che deve necessariamente essere in sintonia con l’agenda della Nazione».
«La qualità ambientale degli impianti e delle infrastrutture che finanzieremo, da qui al 2030, rappresenterà una priorità quotidiana per ICS e per i suoi Clienti, che saranno messi nelle migliori condizioni per comprenderne la necessità e l’utilità, anche attraverso una serie di incentivi finanziari che già abbiamo messo a disposizione di soggetti pubblici e privati».
Impianti sportivi, quale è la situazione italiana rispetto al resto d’Europa?
«Do un dato, per quanto spannometrico: quasi l’80 per cento degli impianti sportivi italiani non sono energeticamente efficientati, il che vuol dire, tra l’altro, che non sono ambientalmente ”educati” ed educativi. E’ un dato che ci responsabilizza, se pensiamo non solo all’impatto ambientale legato a queste inefficienze, ma anche a quello finanziario che abbiamo valutato incida per un importo doppio rispetto al finanziamento pubblico allo sport – come minimo di 410 milioni di euro all’anno – e a quello educativo e sociale, provocato da infrastrutture che non adottano e non promuovono le buone pratiche».
«Non abbiamo informazioni puntuali sull’analoga condizione del resto d’Europa, ma il nostro “deficit ambientale” anche in ambito sportivo è talmente significativo da pensare che, prima ancora di avere i dati degli altri, dobbiamo doverosamente preoccuparci di migliorare in modo significativo il nostro. Posso assicurare che l’Istituto ha già iniziato a fare la sua parte, ma l’impegno sarà crescente perché abbiamo ben chiaro il nostro ruolo su questa tematica in due settori, lo Sport e la Cultura, che potranno diventare un esempio da seguire per altri settori della vita sociale ed economica italiana».
Il gap con il resto d’Europa si può colmare e come?
«Come ho detto, è necessario un impegno costante, sistemico e sistematico, assistito da un progetto nel quale si sentano coinvolti tutti i portatori d’interesse: dalle istituzioni governative – nazionali, territoriali e locali – a quelle sportive e culturali, nella consapevolezza che l’impegno del quale stiamo parlando vada ben oltre questi due sistemi. Il gap c’è e nello sport, in particolare, è testimoniato dal quell’80 per cento di inefficienza energetica che rappresenta molto di più di un semplice, per quanto indicativo, dato statistico che ci pone di fronte alle nostre responsabilità: dobbiamo agire e sta a noi decidere tempi, modi e condizioni di una strategia che coinvolgerà, in ognuna delle 20 Regioni italiane, decine e decine di migliaia di impianti sportivi e di infrastrutture culturali».
«Sarà importante lavorare, anche in termini di programmazione, trasformando il Censimento Nazionale degli Impianti Sportivi elaborato dal CONI attraverso Coni Servizi Spa – ora Sport e Salute Spa – in una più articolata banca dati, ad aggiornamento costante, che contenga tutte le informazioni necessarie non solo a questa impresa, ma anche per un loro più generale utilizzo in chiave manutentiva e di messa in sicurezza, per misurare la presenza di tecnologia e la sua utilità, per verificare l’accessibilità dei luoghi in chiave architettonica e fornire dati utili per l’ottimizzazione della gestione».
In Inghilterra esiste una classifica e un premio per le squadre più virtuose dal punto di vista della sostenibilità. Quanto conta anche nel nostro Paese puntare su argomenti come produzione e consumi di energia pulita, efficienza energetica e dei consumi idrici, riduzione della plastica monouso, utilizzo di materiali riciclabili e raccolta differenziata?
«Beh, se tocchiamo il tema Sostenibilità entriamo in una sfera ancora più ampia, ma forse ancor più necessaria e inevitabile, considerando i tempi che stiamo vivendo. Nei paesi più avanzati la Sostenibilità è una linea di indirizzo strategico e, di conseguenza, un obiettivo da perseguire dal punto di vista non solo ambientale, ma anche sociale e finanziario da parte delle imprese, delle organizzazioni, delle amministrazioni e delle comunità, fino ad arrivare alle scelte del singolo cittadino».
«Di conseguenza, anche nello sport dei “migliori” la Sostenibilità è entrata da tempo nel vocabolario e nell’agenda delle organizzazioni e delle società, utilizzando tutte le leve della comunicazione per promuoverla e svolgendo, quindi, anche un ruolo educativo. Noi di fatto iniziamo a muovere i primi passi, con pochi che si stanno impegnando convintamente, molti che iniziano a interessarsi al tema per “convenienza” o perché costretti da un trend al quale non è facile sottrarsi. Ma serve un impegno diffuso, maggiore e costante, che dia il senso della consapevolezza, individuale e collettiva dell’importanza della Sostenibilità. A questo proposito, prendo un impegno: il Credito Sportivo farà la sua parte perché anche in Italia possano essere conosciute, riconosciute e premiate le migliori pratiche sulla Sostenibilità in ambito sportivo e culturale».
In Italia esistono esempi virtuosi di impianti sportivi ecosostenibili?
«Dipende da cosa intendiamo per esempi virtuosi: se parliamo di impianti realizzati con modalità e materiali ecosostenibili, che producono e consumano energia da fonti rinnovabili, magari con un saldo attivo, che limitano il consumo dell’acqua e la recuperano, che raccolgono i rifiuti in modo differenziato e, magari, li smaltiscono sul posto, beh impianti così, con questo modello integrato, in Italia non ce ne sono, ma basta andare in giro per l’Europa per vederne in quantità industriale, di tutte le dimensioni».
«Questo è un dato che dovrebbe farci riflettere, per dimostrare concretamente di aver compreso la lezione che ci stanno impartendo gli “altri” che hanno capito da tempo l’inevitabile necessità e l’oggettiva convenienza della sostenibilità, ambientale e non solo, anche nello Sport. Di sicuro, come ho detto, il Credito sportivo svolgerà un ruolo sempre più attivo e propositivo per mettere nelle migliori condizioni i titolari e i gestori di impianti pubblici e privati di comprendere il senso civico e l’utilità economica della ecosostenibilità».
Quali sono le prospettive per il futuro?
«Mai come in questo momento, e su vari fronti, siamo artefici del nostro destino. Rimanendo sul tema “sostenibilità ambientale e sport”, possiamo e, come ho già detto, dobbiamo imprimere una svolta elaborando una strategia decennale di settore, con effetti quotidiani, insieme alle altre istituzioni sportive e di governo, sostenendo l’elaborazione dei progetti, promuovendo iniziative e misure, concentrando gli sforzi, coordinando gli strumenti, pianificando gli interventi, valutando e comunicando gli impatti. Sarà necessario semplificare anche le procedure, pur mantenendo alto il controllo per evitare comportamenti non conformi alle norme, per evitare che anche la burocrazia diventi un limite, a volte un alibi. Mi auguro che tutti gli incentivi fiscali vengano utilizzati in modo intensivo e, a questo proposito, credo sia opportuno estendere il Superbonus 110 per cento all’intero impianto sportivo e non solo agli spogliatoi, dove si concentra una percentuale minima delle inefficienze energetiche».
«Il Credito Sportivo sarà in campo con tutto il portafoglio delle opportunità: dalle misure incentivate a disposizione degli enti locali e territoriali – Sport Energia Comune – e dei privati, all’advisory per lo sviluppo dei progetti e del partenariato pubblico-privato, alla nuova misura per la gestione dei crediti fiscali. In senso generale, sui temi in questione le prospettive per il futuro e il senso dell’urgenza le hanno tracciate l’Enciclica “Laudato Si” e quella che considero, con il dovuto rispetto, l’enciclica laica, l‘Agenda 2030 dell’ONU. Due riferimenti che indicano la strada, molto di più di una semplice bussola. Adesso tocca a noi».
Articolo aggiornato in data 21 Settembre 2021
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