Bere in Giappone, spopolano i vini italiani bio e sostenibili

Nel Paese del Sol Levante è in crescita la richiesta di vini biologici e sostenibili con un packaging leggero. I giapponesi apprezzano il vino in lattina e in particolare il vino in tetrapak in confezioni da mezzo litro

Cosa bere in Giappone? Il Sol Levante chiama Italia e al posto del classico sakè sembra che, negli ultimi tempi, vada sempre più di moda il vino italiano. La vendita di etichette italiane in Giappone, infatti, ha registrato nel 2022 una crescita del 28,6 per cento attestandosi a 200 milioni di euro (dati Ismea).

Un successo trainato in particolare da una crescente richiesta da parte del mercato nipponico di vini “sostenibili”, siano essi biologici oppure con packaging leggeri e facilmente riciclabili. Lo rende noto l’Alleanza Cooperative Agroalimentare a seguito di una rilevazione interna con le sue associate particolarmente impegnate nella vendita sui mercati esteri.

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Bere in Giappone, vini sostenibili e packaging leggero

L’incremento a due cifre delle vendite di vino è dovuto soprattutto alla fine delle chiusure dovute alla pandemia. Finalmente le persone hanno iniziato a consumare di più, uscire di casa e riscoprire la socialità. Sono state riaperte le frontiere: prima il Giappone era chiuso all’ingresso degli stranieri, oggi invece c’è un forte aumento di visitatori in un paese dalla grande vocazione turistica.

Riguardo a cosa bere in Giappone, però, la novità più importante che emerge dalle rilevazioni fatte dalle cantine di Alleanza è la grande richiesta di vini biologici e sostenibili con un packaging leggero. I giapponesi apprezzano il vino in lattina e in particolare il vino in tetrapak in confezioni da mezzo litro, materiale al quale guardano molto positivamente perché si tratta di un materiale facilmente riciclabile. Un dettaglio non trascurabile vista l’importanza che si dà in Giappone al concetto di sostenibilità piena.

bere in Giappone, vino in lattina
Alcuni vini in lattina in vendita in un negozio giapponese (foto da Uff. stampa Confcooperative)

No al vetro, sì al tetrapak

La preferenza per il packaging da mezzo litro è anche dovuta al fatto che scegliere vino nelle classiche bottiglie di vetro sia assai più costoso, perché in Giappone le procedure di smaltimento dei rifiuti sono molto rigorose e il cittadino deve corrispondere un contributo a seconda del peso dei propri sacchetti di rifiuti.

Dal momento che il tetrapak è compostabile e occupa pochissimo spazio, il problema si risolve con tre “e”: in modo ecologico, economico ed elegante, offrendo prodotti di qualità in confezioni dall’aspetto degno della loro storia.

Cooperative campione di export

Da una recente indagine sul grado di internazionalizzazione delle cooperative vitivinicole realizzata da Ismea per Alleanza delle cooperative, il fatturato generato dall’export delle cantine aderenti ad Alleanza cooperative tra il 2010 e il 2022 ha registrato una crescita del 130 per cento, con un trend superiore all’andamento delle esportazioni nazionali di vino che nello stesso periodo sono cresciute del 101 per cento.

La cooperazione vitivinicola di Alleanza

Alle tre centrali di Alleanza cooperative aderiscono 379 cantine con oltre 110mila soci, una produzione pari al 58 per cento del vino italiano, un giro d’affari di 4,8 miliardi di euro, il 40 per cento del totale del fatturato del vino nazionale. Il fatturato aggregato derivante dall’export delle cantine cooperative è pari a 2 miliardi di euro, pari a circa un terzo di tutto il vino italiano commercializzato all’estero.

La valorizzazione dei soci è garantita da un livello medio di prevalenza mutualistica che si attesta ben oltre l’82 per cento. In termini occupazionali, la cooperazione vitivinicola associata dà lavoro a oltre 9.000 persone, di cui il 67 per cento è impiegato a tempo indeterminato.

Articolo aggiornato in data 4 Aprile 2023
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