Hot Spot, alla GNAM la crisi climatica vista attraverso l’arte

La mostra organizzata nelle sale della Galleria nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea presenta le opere di 26 artisti provenienti da tutto il mondo che affrontano le tematiche del riscaldamento climatico, dei dilemmi sociali e dell'impatto dell'uomo sul Pianeta

Sensibilizzare sulle problematiche del clima (e non solo) attraverso l’arte. Questo è lo spirito con cui nasce e che anima la collettiva “Hot Spot – Caring for a burning world”, a cura di Gerardo Mosquera, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna (GNAM). La mostra, visitabile fino al prossimo 26 febbraio 2023, prende il nome dall’omonima opera di Mona Hatoum (“Hot Spot III”, 2009). Si tratta di un’installazione raffigurante la Terra. Un globo in ferro e neon di colore rosso a simboleggiare i tanti conflitti che rendono “rovente” il Pianeta. L’opera racconta di come il modo dirompente con cui è stata organizzata la società umana sembri condurre alla catastrofe ambientale. 

Le opere degli artisti nel percorso dell’esposizione espongono il proprio punto di vista a queste condizioni. L’obiettivo finale è offrire una riflessione sensibilizzando i visitatori sull’attuale situazione del Pianeta e immaginando un diverso futuro. 

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Hot Spot, la critica ecologico-sociale dell’arte

La mostra presenta le opere di 26 artisti provenienti da tutto il mondo e si divide nei vari spazi della galleria. A cominciare dall’entrata. All’ingresso della GNAM, infatti, trovano posto due sculture realizzate da Davide Rivalta raffiguranti due gorilla. Un modo, questo, per simboleggiare le tante specie in via d’estinzione sulla Terra. Il tema portante, come abbiamo detto, è l’impatto dell’uomo sul Pianeta, dai conflitti ai cambiamenti climatici. Tuttavia, la speranza di invertire la rotta è viva e la sua rappresentazione simbolica si può ritrovare nel pianoforte fiorito di Glenda León.

Come spiega il curatore, Gerardo Mosquera: «è naturale che l’arte affronti temi così scottanti: molti artisti nel corso della propria carriera lo hanno fatto in modo militante, reattivo e pertinente, ma questa mostra, invece, contribuisce alla critica ecologico-sociale attraverso un percorso più indiretto, ma non meno urgente e puntuale. Il percorso espositivo non considera la questione come qualcosa di specifico, ma la apre e la amplifica esplorando altri aspetti, a volte ambigui e contraddittori, o armoniosi, suggerendo la possibilità di una rinascita dell’ambiente naturale, poiché la vita sulla Terra ha un’enorme capacità di resilienza». 

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Una delle sale della Galleria nazionale con le opere della mostra Hot Spot (foto di Stampa Italiana)

I contenuti dell’esposizione

La prima opera a catturare lo sguardo è il globo di Mona Hatoum, Hot Spot, che dà il nome all’esposizione. Inoltre, tra i lavori troviamo quelli realizzati da Pier Paolo Calzolari, che evidenziano gli effetti estremi dovuti al clima, o quelli come “Flooded” di Kim Juree che mostrano la forza dirompente di elementi come l’acqua. Una tematica, quella dell’acqua, che si ritrova anche nel dipinto di Sandra Cinto su un’intera parete della galleria, dove l’acqua “fluttua” nel cielo. O ancora nelle fotografie di Gideon Mendel sul dramma delle inondazioni e nel video di Ange Leccia sull’innalzamento del livello del mare. Il videoclip è uno dei mezzi d’espressione che ricorre in questa mostra. Ne sono prova i lavori di John Baldessari, Cristina Lucas e del duo Ibeyi.

Alberi e piante e il loro rapporto con la figura umana sono il fulcro dei lavori di Rachel Young, Johanna Calle, Cecylia Malik, Michelangelo Pistoletto, Alex Cerveny e Raquel Paiewonski. Le opere di Daphne Wright, Ida Applebroog, Alejandro Prieto e Jonathas de Andrade, invece, si concentrano sulla crisi della biodiversità, l’estinzione di specie animali e vegetali e criticano lo sviluppo selvaggio delle aree urbane. 

In “Hot Spot – Caring for a burning world” si riflette anche sull’importanza di evitare gli sprechi. Così, l’aumento dei rifiuti dovuto alla sovrappopolazione e le conseguenze dei processi di urbanizzazione e tecnologizzazione sono ben riportati da Chris Jordan e dalle maree oscure ritratte da Allan Sekula. Infine, l’astratto e l’uso di contrasti sono le modalità scelte dagli artisti Nkanga Otobong, Andrea Santarlasci, Ayrson Heráclito e Joceval Santos. 

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Alcune informazioni: 

La mostra, inaugurata il 24 ottobre, sarà visitabile fino al prossimo 26 febbraio 2023. L’orario di apertura della galleria va dal martedì alla domenica dalle ore 9 alle 19, con l’ultimo ingresso 45 minuti prima della chiusura.

I biglietti possono essere acquistati online alla pagina dedicata. Allo stemmo modo è necessaria la prenotazione in occasione delle visite gratuite, la prima domenica del mese. 

Articolo aggiornato in data 28 Ottobre 2022
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